venerdì 12 marzo 2010

Il Sultano e la democrazia della minoranza

«Sono gli italiani, almeno una metà degli italiani, che sembrano aver rinunciato alla facoltà che va sotto il nome di democrazia di giudicare, controllare, approvare o disapprovare colui che li governa, si direbbe che questa facoltà, questo diritto acquisito a duro prezzo dai loro padri non li interessi più, che la sola cosa che veramente li interessi è di fare in qualche modo soldi, legalmente se possono, e se no illegalmente, per avidità o per togliersi il gusto di farla franca» (Giorgio Bocca, L’Antitaliano, L’Espresso 11 marzo).

Ha ragione Bocca.

Se non che la libertà e la democrazia la conquistarono una minoranza di italiani, tutti gli altri pronti a riconvertirsi, il giorno dopo, da fascisti ad antifascisti.

Opportunismo che si schiera dalla parte del vincente di turno e ne segue, cervello all’ammasso, le indicazioni..

Questa è la malattia del nostro popolo.

Che oggi sceglie l’egoismo dettato dalla nostra società.

Che vede i poveri, emarginati e discrimati di ieri opporsi ai poveri, agli emarginati e ai discriminati di oggi.

La minoranza che ha creduto, combattuto e vissuto per gli ideali della democrazia, continua a essere minoranza, anche se tutti godono delle sue conquiste e, paradossalmente, navigano contro, preferendo tornare alla condizione di sudditi guidati da quello che Bocca chiama il Sultano, «che piace».

Povero destino quello di un popolo che ha bisogno di un Sultano.

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